[ubuntu-it] UE: ecco perché non usiamo l'open source

Lorenzo aka balooit balooit a gmail.com
Ven 15 Maggio 2009 13:37:57 BST


Il giorno 15 maggio 2009 12.22, Davide Mezzalira <davidemezza a yahoo.it> ha
scritto:

> leggete quà.....
>
> http://punto-informatico.it/2623799/PI/News/ue-ecco-perche-non-usiamo-open-source.aspx
> mi sà che c'è da star freschi x un po....
>

Oltre al link, magari un po o tutto l'articolo .......
secondo me non ci starebbe male ....

Ciao
Balooit


Roma - "Alla fine (della legislatura) lo studio è arrivato": è questa la
conclusione che l'onorevole Marco Cappato <http://www.marcocappato.it/> trae
al termine della vicenda che l'ha
visto<http://punto-informatico.it/2252032/PI/News/parlamento-ue-open-source-si-prudenza.aspx>misurarsi
con il Consiglio Europeo
*in materia di software open source e della sua adozione in seno alla UE*.
Lo studio <http://lnx.marcocappato.it/node/38918> a cui si riferisce è
quello che a novembre
2008<http://punto-informatico.it/2466287/PI/News/ue-non-rivela-contratti-firmati-microsoft.aspx>sembrava
fosse andato perduto, e che illustra i possibili scenari economici
legati all'adozione di programmi OSS per le istituzioni continentali: numeri
che sconsigliano l'adozione delle piattaforme a sorgenti aperti per l'intero
ecosistema hardware europeo, alla luce delle ingenti spese da sostenere per
una eventuale transizione al nuovo parco software.

Il documento che *Punto Informatico* ha potuto visionare si intitola *Studio
del gruppo di lavoro interistituzionale sulla fattibilità di una migrazione
verso postazioni di lavoro OSS (2005)*, e porta in calce la data del 10
gennaio 2009. I dati, a quanto si scorge da una prima lettura, sembrerebbero
comunque fare riferimento ad *un lavoro risalente al software disponibile e
ai contratti in essere nel 2005*: da allora sono cambiati senz'altro gli
scenari relativi alla disponibilità di software open source, così come i
numeri in gioco per quanto riguarda numero di postazioni e licenze delle
varie istituzioni europee.

Lo studio prende in esame tre diversi organismi: *la Commissione europea, la
Corte dei Conti e il Parlamento europeo*, accreditati rispettivamente di
30mila, 800 e 12mila postazioni lavorative effettive per un numero di utenti
stimato in 25mila nel caso della Commissione, 700 per la Corte, 7mila al
Parlamento. Questi numeri, in particolare quelli del Parlamento, mostrano
qualche discrepanza sul totale: una verifica incrociata, tuttavia, avrebbe
escluso che ci siano errori sistematici nel calcolo dei costi necessari ad
una eventuale migrazione, e dunque non dovrebbero invalidare l'intero
studio.
Studio che, a quanto è dato di capire, tiene conto dei seguenti fattori: lo
sviluppo di *una nuova infrastruttura software su un modello web-based*, il
testing e l'adeguamento di queste nuove applicazioni allo standard di
usabilità delle precedenti, la conversione del precedente parco software
(che comprende essenzialmente documenti sviluppati in Access, Excel e Word
con annesse macro), l'inventario dei prodotti software impiegati e il suo
consolidamento, l'ampliamento delle strutture di supporto tecnico,
l'integrazione di strumenti OSS già impiegati e sviluppati nel nuovo
ecosistema.

Nello studio non figura il calcolo relativo alla conversione del sistema di
messaggistica dell'Unione Europea, mentre figura quello relativo alla
*migrazione
del browser di navigazione*. I fattori di cui viene tenuto conto per
valutare la convenienza della transizione sono tre: l'obsolescenza
tecnologica della piattaforma in uso, il vantaggio in termini di TCO (*Total
Cost of Ownership*), la superiorità tecnologica e funzionale. *Le
conclusioni* sono le seguenti: "Sulla base dei risultati dello studio, si è
ritenuto che nessuno di questi criteri sia stato raggiunto".

Dal punto di vista tecnico, spiega lo studio, "l'attuale situazione è
complessa poiché la configurazione delle postazioni di lavoro comprende una
quarantina di software diversi: questi programmi sono sviluppati da
Microsoft o per operare in un ambiente Microsoft, e formano un nucleo
coerente e interconnesso". Secondo le conclusioni, si può parlare di
"sovrapposizione di strati di complessità", che *imporrebbero* al software
OSS che andasse a sostituire l'attuale software proprietario "una grossa
mole di test per essere messo a punto".

Ma è sul piano economico che le cose si fanno più dettagliate. Nella
precedente risposta, il Consiglio aveva comunicato che la divulgazione delle
informazioni sul valore dei contratti stipulati da Microsoft con l'Unione
Europea avrebbe potuto "pregiudicare la protezione degli interessi
commerciali di Microsoft, poiché questi contratti stabiliscono termini e
condizioni specifiche e privilegiate per le Istituzioni UE". Nello studio,
invece, si legge *una stima del valore annuale dell'impegno economico
dell'Europa con BigM: 6,2 milioni di euro*, necessari a coprire i costi
delle licenze (almeno relativi all'anno 2005) per un totale di circa 45 mila
postazioni. Poco meno di 138 euro a postazione.

Il costo del progetto di conversione stimato è di circa 54 milioni di euro
per la Commissione Europea, di 3,5 milioni per la Corte dei Conti (ma le
tabelle relative ai mesi/uomo indicano un valore di 12 milioni) e di 19
milioni per il Parlamento: *un totale di 76,5 milioni, a cui sommare il
costo necessario a coprire supporto e manutenzione* del nuovo software open
source pari a circa il 30 per cento dell'attuale spesa annuale per le
licenze proprietarie (che evidentemente comprendono anche le voci relative
all'assistenza). In queste condizioni, secondo le stime ci vorrebbero *36,7
anni per ammortizzare la spesa*.

Cifre e tempistiche senza dubbio ingenti, che tuttavia la commissione
interistituzionale tempera con una riflessione: "È chiaro che il potenziale
interesse di questo progetto - si legge nel rapporto dell'aprile del 2005 -
va inserito nel quadro politico/strategico. Consentirebbe infatti alle
istituzioni di riappropriarsi del loro ambiente informatico e di evolversi
verso una maggiore indipendenza. Si potrebbe argomentare che questo
consentirebbe di effettuare le migliori scelte tecniche e commerciali,
poiché se riuscissimo ad evitare la situazione di monopolio (lock-in) ci
troveremmo nella migliore posizione negoziale per acquisire qualunque
prodotto o tecnologia".

La commissione interistituzionale, insomma, pone l'accento sulla possibilità
di *valutare l'investimento alla luce di una maggiore libertà
futura*dell'infrastruttura informatica europea e della sua
scalabilità. Il rapporto
si spinge anche oltre, tracciando le possibili tappe necessarie alla
transizione alla nuova piattaforma open (tra gli altri la standardizzazione
dei documenti al formato XML, la creazione di prototipi di postazioni di
lavoro OSS per la valutazione, un censimento del software effettivamente in
uso nelle istituzioni), nonché sollecitando la valutazione dell'effettivo
rapporto tra costi e benefici in
siti<http://punto-informatico.it/cerca.aspx?s=baviera+linux&t=4&o=0>che
abbiano già avviato una transizione simile. Dalle carte sembrerebbe
tuttavia emergere uno studio approfondito dei costi, riferiti sia al totale
esborso economico sia alle singole voci di costo (personale, formazione,
sviluppo, valutazione etc), mentre non vi è traccia di questa eventuale
valutazione di casi analoghi relativa ad istituzioni pubbliche che abbiano
deciso di effettuare la transizione al software OSS.

La diffusione di queste informazioni *a fine legislatura*, infine, imporrà
di attendere almeno l'inizio della prossima per sapere come l'Europa
intenderà procedere nell'evoluzione della sua infrastruttura informatica:
dal 2005 ad oggi, tra
fusioni<http://punto-informatico.it/2605228/PI/News/oracle-compra-sun-affare-fatto.aspx>e
battaglie <http://punto-informatico.it/cerca.aspx?s=ooxml&t=4&o=0> di formati
documentali<http://punto-informatico.it/2448203/PI/News/parlamento-europeo-abbraccia-odf.aspx>,
*lo scenario del mercato è senz'altro mutato*. Probabilmente occorrerà un
nuovo studio per valutare se le conclusioni del 2005 restino valide ancora
oggi.

*Luca Annunziata  *
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